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Regime di tassazione dell’incentivo al ricambio generazionale

7 Gennaio 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

Gli emolumenti corrisposti periodicamente dal datore di lavoro al dipendente a titolo di rimborso degli oneri sostenuti per la contribuzione volontaria, ancorché previsti nell’ambito del contratto collettivo provinciale come misura per favorire il ricambio generazionale in azienda a fronte della volontaria riduzione dell’orario di lavoro da parte dei lavoratori prossimi alla pensione, non rientrano tra le somme esenti per contributi previdenziali in quanto non sono sostenuti dal datore in sostituzione del dipendente. Pertanto, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, fermo restando la possibilità per il lavoratore di portarli in deduzione con la dichiarazione dei redditi (Agenzia delle Entrate – Risposta 5 gennaio 2021, n. 3).

Il quesito riguarda il corretto trattamento fiscale delle somme corrisposte periodicamente dal datore di lavoro ai propri dipendenti prossimi alla pensione, a titolo di rimborso degli oneri da questi ultimi eventualmente sostenuti per contribuzione volontaria alla propria forma di previdenza in adesione ad una specifico strumento previsto dal contratto collettivo provinciale di lavoro per favorire il ricambio generazionale del personale in azienda.
In particolare, secondo la previsione contrattuale collettiva, il personale dipendente a cui non manchino più di due anni alla maturazione dei requisiti di pensione può beneficiare di una riduzione dell’orario favorendo l’inserimento di personale più giovane da formare. Al fine di mantenere invariata la propria copertura previdenziale, i dipendenti possono volontariamente versare i contributi all’INPS per il periodo mancante alla maturazione dei requisiti di pensione, ed i relativi oneri sono rimborsati dal datore di lavoro tramite cedolino, previa presentazione della documentazione attestante i versamenti effettuati.

Detto “incentivo al ricambio generazionale” risulta caratterizzato dalle seguenti regole:
– le somme vengono contabilizzate come spese di rimborso di contributi previdenziali;
– il rimborso rappresenta una restituzione di somme che il datore di lavoro riconosce ai propri dipendenti per le spese dagli stessi sostenute per la contribuzione volontaria;
– l’incentivo risponde all’interesse del datore di lavoro di garantire il passaggio delle competenze dei dipendenti prima della cessazione del rapporto di lavoro;
– il rimborso può essere chiesto dal dipendente ogni volta che sostiene la spesa;
– pur transitando all’interno del cedolino paga, l’incentivo non rappresenta un provento conseguito in sostituzione del reddito, un risarcimento del danno o un arricchimento per il lavoratore, avendo la funzione di mantenere invariata la copertura previdenziale del dipendente.

I redditi di lavoro dipendente sono determinati in base al principio di onnicomprensività, in ragione del quale costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce, anche da terzi, nel periodo d’imposta, a qualunque titolo ed anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. In generale, quindi, tutte le somme corrisposte, anche a titolo di rimborso spese, al lavoratore in ragione del suo status di dipendente costituiscono per quest’ultimo reddito di lavoro dipendente, con esclusione degli emolumenti esenti (art. 51, co. 2 e 3 del TUIR) specificamente individuati.
Tra le somme che non concorrono a formare la base imponibile, la norma include quelle trattenute al dipendente per oneri relativi a contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché a quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la disposizione non contempla il “rimborso” dei contributi da parte del datore di lavoro di oneri sostenuti direttamente dal dipendente, bensì il datore di lavoro deve escludere dal reddito di lavoro dipendente i contributi che ha trattenuto dalla retribuzione del dipendente.
La ratio della norma è evitare al lavoratore di dovere presentare la dichiarazione dei redditi al solo fine di fruire di oneri deducibili a fronte di contributi trattenuti dal datore di lavoro.
Tale finalità è stata attuata dal legislatore attraverso una disposizione di carattere sostanziale che incide direttamente sul reddito di lavoro dipendente, assicurando l’esclusione di tali oneri direttamente in sede di determinazione della base imponibile.
In altri termini, il sostituto di imposta, sostenendo gli oneri, in sostituzione del lavoratore, e trattenendoli dalla retribuzione, deve escluderli dalla base imponibile nei limiti e alle condizioni stabiliti nell’articolo 10 del Tuir.
Nel caso di specie, gli emolumenti corrisposti periodicamente dal datore di lavoro al dipendente a titolo di rimborso per gli oneri sostenuti volontariamente, non possono rientrare nella disposizione di esclusione dal reddito, non essendo gli stessi sostenuti dal datore in sostituzione del dipendente. Pertanto, gli stessi concorrono alla determinazione del reddito di lavoro del dipendente, in base al principio di onnicomprensività, ferma restando la possibilità per il lavoratore di dedurre gli oneri sostenuti in sede di dichiarazione dei redditi, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e) del TUIR.

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