La presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, prevista in caso di accertamento di maggior reddito nei confronti di società a ristretta base societaria, non si applica al socio estraneo alla gestione ed alla conduzione della società. L’estraneità alla gestione societaria è riconosciuta in presenza di conflittualità tra soci comprovate da liti giudiziarie che di fatto impediscono il controllo sull’attività gestoria dell’amministratore (Corte di Cassazione – Ordinanza 25 ottobre 2021, n. 29794). Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha rideterminato il maggiore reddito della società di capitali con conseguente recupero, imputando al contribuente la ripresa fiscale, in qualità di socio al 50 per cento, stante la ristretta base societaria. Su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari.
Su ricorso del contribuente, i giudici tributari hanno annullato la pretesa tributaria, disapplicando la presunzione di distribuzione degli utili extra contabili in proporzione alle quote di partecipazione sociale, in ragione della prova contraria ravvisata nella conflittualità con l’altro socio amministratore che aveva impedito il controllo sull’attività gestoria.
In merito all’accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale, la Corte Suprema ha affermato che la normativa consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvesti.
In particolare, la Suprema Corte ha precisato, che la presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati non viola il divieto di presunzione di secondo grado poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale.
Proprio partendo dal dato di esperienza che nella generalità dei casi le società di capitali a ristretta base societaria sono composte da soci legati da rapporti di coniugio o di stretta parentela che comporta un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e al reciproco controllo tra i soci medesimi, i giudici hanno dedotto che la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio può essere vinta dal contribuente dimostrando l’estraneità alla gestione e alla conduzione societaria.
Nella fattispecie, il contribuente ha evidenziato che i rapporti con l’altro socio amministratore si erano profondamente deteriorati, al punto da sfociare in liti giudiziarie civili e procedimenti penali. Inoltre, il socio amministratore aveva revocato l’incarico al commercialista di fiducia della società. Da ciò i giudici hanno dedotto l’impossibilità del contribuente:
– di effettuare controlli sull’attività gestoria dell’amministratore, responsabile dell’acquisizione degli utili in nero, per l’assenza di contatti tra amministratore e socio stante i rapporti altamente conflittuali tra loro;
– di venire a conoscenza dell’andamento e delle dinamiche attraverso il commercialista di fiducia.
In conclusione, afferma la Suprema Corte, l’accertata estraneità del socio alla gestione e conduzione della società consente di superare la presunzione di distribuzione tra i soci degli utili extrabilancio, con conseguente annullamento della pretesa tributaria.