La Corte di Cassazione ha affermato che deve ritenersi soggetto ad Irap l’imprenditore che svolge attività di promotore finanziario avvalendosi della collaborazione del figlio e di più sedi operative, configurando di fatto un’impresa familiare (Ordinanza 25 gennaio 2021, n. 1535). La controversia trae origine dal silenzio rifiuto all’istanza di rimborso Irap presentata dal contribuente, che svolge attività di promotore finanziario. Accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Corte Suprema ha osservato che l’autonoma organizzazione ricorre non solo quando il contribuente impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod prelumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, ma anche quando si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso sul rilievo che l’attività di promotore finanziario fosse svolta con l’esclusivo apporto dell’impegno del contribuente senza l’ausilio di rilevanti mezzi specifici.
L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione, ed ha eccepito che l’attività era svolta con la disponibilità di ingenti beni strumentali, di due sedi operative e con la collaborazione del figlio, configurandosi un’impresa familiare.
Con particolare riferimento all’impresa familiare, i giudici hanno precisato che tutti i soggetti che producono reddito di impresa commerciale ed agricola sono tenuti al versamento dell’IRAP, laddove non espressamente esentati, e quindi anche le imprese familiari.
Pertanto, mentre il reddito derivante dall’impresa familiare e risultante alla dichiarazione dei redditi viene imputato, a determinate condizioni, proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione dei partecipanti (ma l’imprenditore deve essere titolare come minimo del 51%) l’imprenditore familiare, non i familiari collaboratori, è anche soggetto passivo IRAP, in quanto detta imposta colpisce il valore della produzione netta dell’impresa e la collaborazione dei partecipanti all’impresa familiare integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare (etero organizzazione dell’esercente l’attività.