L’Agenzia delle entrate, con la risposta del 3 novembre 2021, n. 759, ha fornito chiarimenti sull’applicazione dell’IVA a servizi relativi a dispositivi impiantati nel corpo umano. Nel sistema dell’imposta sul valore aggiunto ciascuna operazione assume autonoma rilevanza agli effetti dell’IVA secondo il regime impositivo proprio ( i.e. imponibilità o esenzione); tale regola generale, tuttavia, può essere derogata in presenza di operazioni complesse in relazione alle quali è necessario verificare se le stesse costituiscano, da un punto di vista economico-funzionale, un unicum inscindibile. Al riguardo si ritiene che la fornitura del servizio di tele-monitoraggio domiciliare pre e postchirurgico denominato offerto dall’istante non si pone in rapporto di stretta funzionalità (rectius necessaria connessione) con la fornitura dei dispositivi medici impiantabili.
In linea di principio, più prestazioni, formalmente distinte, devono essere considerate come una prestazione unica quando sono:
– tra loro collegate attraverso un vincolo di accessorietà, caratterizzato dalla miglior fruizione di un servizio grazie ad un altro ad esso ancillare;
– strettamente connesse al punto da formare, oggettivamente, un’unica prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (cfr. CGE sentenza del 29 marzo 2007, causa C-111/05).
Al riguardo, l’articolo 12 del d.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che le cessioni ” o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuate direttamente dal cedente o prestatore, ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggette autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale”.
In base al principio secondo cui ” accessorium sequitur principale”, le operazioni accessorie concorrono, pertanto, alla formazione della base imponibile dell’operazione principale, ne assumono lo stesso trattamento fiscale e sono soggette alla medesima aliquota IVA. Sul punto, l’Amministrazione finanziaria (risoluzione n.337/E del 2008) ha avuto modo di chiarire che si considerano accessorie le operazioni che:
– integrano, completano o rendono possibile l’operazione principale;
– sono rese dal medesimo soggetto che esegue l’operazione principale, anche a mezzo di terzi, ma per suo conto e a sue spese;
– sono rivolte al medesimo soggetto nei cui confronti è resa l’operazione principale.
In altri termini, perché si delinei un vincolo di accessorietà tra due operazioni, è necessario che le stesse convergano verso la realizzazione di un unico obiettivo, rispondendo all’esigenza di offrire al cliente, secondo le proprie specifiche esigenze, il miglior risultato possibile.
Ai fini del riconoscimento della natura accessoria di un’operazione, non è sufficiente che la stessa renda possibile o più agevole l’operazione principale, dovendo costituire un unicum economico con la stessa.
La prestazione accessoria deve essere, dunque, strumentale a quella principale e avere il fine di permettere l’effettuazione o la migliore fruizione della prestazione principale; cioè, l’elemento decisivo è rappresentato dal fatto che l’operazione accessoria si configuri essenzialmente come un mezzo per il completamento o la realizzazione della operazione principale.
In relazione al caso di specie,
Infatti, pur senza disconoscere l’utilità del servizio per i pazienti, non si ravvisano gli elementi necessari, ai fini dell’IVA, di trattare l’operazione come accessoria ai sensi dell’articolo 12 del d.P.R. n. 633 del 1972 alla fornitura dei dispositivi impiantabili a pazienti con patologie cardiache.
In tal senso, l’Agenzia rileva che neanche tecnologicamente esiste un nesso tra i dispositivi ed il servizio; infatti, i dati ed i parametri vitali che il servizio consente di rilevare e trasmettere alle strutture mediche di competenza non sono rilevati ed elaborati dai dispositivi impiantati, bensì da altri strumenti, idonei a monitorare parametri biometrici quali peso, pressione, temperatura, frequenza cardiaca, ossimetria, ECG, i quali, senza la necessaria presenza di alcun dispositivo impiantato, attraverso l’uso di una APP dedicata, sono trasmessi ad una piattaforma WEB di telemonitoraggio.
L’assenza di nesso di accessorietà si manifesta in modo ancor più evidente nei casi in cui il servizio venga reso a pazienti non ancora sottoposti ad impianto; in tal caso non si può parlare di integrare, completare o rendere possibile l’operazione principale, considerato che la stessa non è avvenuta e non è certo che avvenga.
Da quanto descritto emerge che qualunque paziente, anche non interessato ad impianti di alcun tipo, potrebbe essere destinatario del servizio di rilevazione dati, ancorché ciò non rientri nella programmazione commerciale della società istante.
In sostanza, a parere dell’Agenzia, la cessione del dispositivo impiantabile su pazienti cardiopatici e la prestazione del servizio di monitoraggio BE UP sono due operazioni distinte e separate, in quanto nessuna delle due completa o addirittura rende possibile l’altra, potendo sussistere entrambe anche separatamente, né si rileva che la prestazione accessoria formi un tutt’uno con l’operazione principale.
Alla luce di ciò, ritiene che la prestazione del servizio debba essere assoggettata ad IVA con applicazione dell’aliquota ordinaria.