La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 15618 del 4 giugno 2021, ha affermato che in caso di inadempimento del conduttore di immobile adibito ad uso commerciale, fino alla pronuncia dell’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità del conduttore, il canone dovuto al locatore concorre a formare il reddito imponibile, ancorché non percepito. La controversia trae origine dall’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate ha contestato il maggior reddito non dichiarato riferito ai canoni di locazione di immobile adibito ad uso commerciale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari.
Il contribuente ha proposto ricorso deducendo la mancata percezione del canone di locazione nel periodo d’imposta oggetto di accertamento per morosità del conduttore, accertata con provvedimento di convalida dello sfratto.
I giudici tributari hanno confermato la legittimità della pretesa tributaria affermando che in caso di inadempimento del conduttore di immobile adibito ad uso commerciale, il canone dovuto è esente da IRPEF solo per il periodo successivo al provvedimento di convalida dello sfratto per morosità e non per quello anteriore, in quanto, fino alla pronuncia dell’ordinanza di convalida dello sfratto, il canone dovuto al locatore concorrere a formare il reddito imponibile, ancorché non percepito. La tassazione del reddito locativo è collegata alla mera maturazione del diritto alla percezione di un reddito che si estingue unicamente allorché, per qualsiasi causa, la locazione sia cessata.
In proposito la Suprema Corte ha osservato che secondo la disciplina fiscale recata dal TUIR (art. 26 del D.P.R. n. 917/1986), i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.
La norma, fissato il principio generale secondo cui i redditi fondiari concorrono alla formazione del reddito imponibile, prevede una eccezione solo per quelli derivanti dalla locazione di immobili abitativi, per i quali la mancata percezione ne esclude la rilevanza reddituale; mentre fino alla risoluzione del contratto di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, i relativi canoni concorrono a formare la base imponibile IRPEF.
La Corte Suprema ha precisato che il solo fatto dell’intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è idoneo, di per sé ad escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile IRPEF, salvo che non risulti l’inequivoca volontà delle parti di attribuire alla risoluzione stessa efficacia retroattiva.
Inoltre, nell’ambito dei contratti di locazione, la risoluzione del contratto non ha effetto naturalmente retroattivo, giacché trattandosi di contratti a esecuzione continuata o periodica, l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite. Conseguentemente, non viene meno l’obbligo del pagamento del canone di locazione per il periodo, precedente alla risoluzione, durante il quale il conduttore ha goduto o avrebbe potuto godere della disponibilità dell’immobile. Per tale periodo, pertanto, il canone concorre a formare la base imponibile IRPEF.