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Agevolazioni per i “neo residenti”: sciolti i dubbi sulla territorialità

18 Febbraio 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

Forniti chiarimenti sulle problematiche che possono incontrare gli operatori finanziari residenti in Italia o le organizzazioni italiane di intermediari non residenti, che intendono offrire servizi di investimento e di intermediazione finanziari ai neo-residenti. In particolare sono stati sciolti diversi dubbi riguardo ai criteri di territorialità delle imposte sui redditi, dell’imposta sulle successioni e donazioni e dell’imposta di bollo relative alle attività finanziarie dei nuovi arrivati che hanno optato per il regime speciale di cui all’art. 24-bis del Tuir (Agenzia delle Entrate – risoluzione 18 febbraio 2021, n. 12).

L’art. 24-bis del Tuir stabilisce che le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva dei redditi prodotti all’estero individuati secondo i criteri di cui all’art. 165, co. 2 del medesimo Tuir, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

Il comma 2 del cit. art. 165 del Tuir dispone che i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’art. 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

Come chiarito nella circolare 26 ottobre 1999, n. 207/E, l’art. 23 del Tuir fornisce l’elencazione dei redditi prodotti dai soggetti non residenti che vengono assoggettati a tassazione in Italia.

Con riferimento ai redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria, tale disposizione stabilisce che si considerano prodotti nel territorio dello Stato e, quindi,sono imponibili:

– i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti;

– i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti.

Tuttavia, per espressa previsione normativa contenuta nel cit. art. 23, talune fattispecie di redditi di capitale e di redditi diversi di natura finanziaria sono state escluse da imposizione ancorché siano prodotti nel territorio dello Stato.

Con riferimento ai redditi di capitale, come precisato dal citato documento di prassi, in linea generale, il presupposto di imponibilità deriva innanzitutto dalla circostanza che il reddito sia prodotto nel territorio dello Stato, ossia che l’impiego di capitale da cui derivano i proventi sia effettuato in Italia ed è, altresì, necessario che l’effettiva corresponsione dei proventi stessi provenga dallo Stato, da un soggetto residente o da una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetti non residenti. In altre parole, ai fini dell’imponibilità del reddito di capitale, è necessario che la corresponsione si riferisca ad un reddito che rappresenti, per il soggetto residente che lo eroga, l’adempimento del proprio obbligo contrattuale assunto, consistente nella remunerazione delle somme e dei valori ricevuti per l’impiego del capitale. Pertanto, per stabilirne l’imponibilità non è sufficiente che detti proventi siano soltanto materialmente pagati dai suddetti soggetti residenti quando essi svolgono la funzione di meri incaricati al pagamento.

Di contro, i redditi di capitale, corrisposti da Stati esteri o da soggetti non residenti a soggetti che usufruiscono del regime dei neo residenti di cui all’art. 24-bis del Tuir, mantengono la loro natura di redditi di fonte estera. Detti redditi, pertanto, rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta sostitutiva non solo nel caso in cui tali redditi siano riscossi all’estero, ma anche nei casi in cui le attività finanziarie estere, da cui gli stessi derivano siano oggetto di:

– un contratto di custodia con intermediari italiani;

– un contratto di gestione, amministrazione e consulenza con intermediari italiani, pur essendo depositate presso un conto estero;

– un contratto di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario stipulato con compagnie di assicurazioni estere operanti in Italia in regime di LPS, anche laddove la riscossione dei proventi sia affidata ad intermediari italiani.

In particolare, in relazione a quest’ultima tipologia contrattuale, l’art. 1, co. 2-quinquies, D.L. n. 209/2002 prevede che le imprese di assicurazione estere operanti in regime di libera prestazione di servizi (LPS) sono tenute al versamento dell’imposta sostitutiva dello 0,45% sull’ammontare delle riserve matematiche dei rami vita relative ai contratti di assicurazione stipulate da soggetti residenti in Italia.

Tenuto conto che, come chiarito nella circolare 31 ottobre 2012, n. 41/E, l’obbligo del versamento della imposta sulle riserve matematiche è strettamente collegato alla possibilità di scomputo della somma corrisposta a tale titolo in sede di versamento delle ritenute operate in relazione alle imposte dovute sui rendimenti assicurativi delle polizze stipulati con contraenti residenti in Italia e che nei confronti dei neo residenti non si applica tale ritenuta, in relazione a tali contratti stipulati dalle imprese di assicurazione estere operanti in regime di LPS non è dovuta l’imposta sulle riserve matematiche.

Alla medesima conclusione si deve pervenire con riferimento all’applicazione della imposta sostitutiva (cd. imposta sul valore dei contratti assicurativi) a carico dei soggetti attraverso i quali sono riscossi i redditi derivanti dai contratti di assicurazione esteri e che operano quali sostituti di imposta su incarico del contribuente o della compagnia estera, nel caso in cui la compagnia non si avvalga della facoltà di provvedere agli adempimenti di sostituzione tributaria.

Per quanto riguarda i redditi diversi di natura finanziaria, come chiarito nel cit. circolare n. 207/E del 1999, si considerano prodotti nel territorio dello Stato quelli derivanti da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti.

Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti di soggetti non residenti sono rilevanti le cessioni di partecipazioni in società residenti (ad eccezione di quelle espressamente escluse dalla norma), a prescindere dalla circostanza che i titoli o i diritti rappresentativi della partecipazione si trovino nel territorio dello Stato.

Per i titoli rappresentativi di una partecipazione in società non residenti, considerato che il termine “beni” deve intendersi riferito anche ai titoli di natura azionaria ed obbligazionaria, ai fini di individuarne il regime impositivo, occorre verificare se gli stessi si trovino o meno nel territorio dello Stato. Pertanto, sono rilevanti, le cessioni di partecipazioni in società non residenti qualora i titoli o i diritti rappresentativi della partecipazione stessa si trovino nel territorio dello Stato.

Relativamente ai titoli non aventi natura partecipativa, la norma non richiede che l’emittente sia un soggetto residente nel territorio dello Stato e, pertanto, sono imponibili le plusvalenze derivanti dalla cessione o rimborso di tali titoli anche se emessi all’estero (ad eccezione delle fattispecie espressamente escluse dalla norma), sempreché la cessione o il rimborso riguardi titoli che si trovano nel territorio dello Stato.

In coerenza con tale inquadramento normativo, i redditi diversi realizzati dai soggetti neo residenti per effetto della cessione di attività finanziarie detenute nel territorio dello Stato siano imponibili in Italia.

Ne deriva, pertanto, che affinché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società estere, ovvero di titoli non aventi natura partecipativa, da parte di neo residenti rientrino nell’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 24-bis del Tuir è necessario che tali attività non siano detenute in un conto di deposito presso un intermediario italiano.

La natura di reddito di fonte estera, invece, non viene meno a seguito di stipula di un contratto:

– di prestazione di servizi con un intermediario italiano avente ad oggetto la gestione individuale del portafoglio, in cui l’intermediario italiano riceve un mandato di gestione discrezionale delle attività finanziarie depositate all’estero;

– di amministrazione delle attività finanziarie (ivi inclusi i contratti di amministrazione senza intestazione da parte di società fiduciarie italiane), dove l’intermediario italiano amministra le attività depositate all’estero eseguendo gli ordini del cliente, senza alcun potere discrezionale; oppure

– di consulenza finanziaria, dove l’intermediario italiano offre un’attività di consulenza finanziaria e di monitoraggio degli investimenti, senza avere alcun potere di movimentare direttamente le attività.

Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4, D.L. n. 167/1990, conv., con modif., dalla L. n. 227/1990, il comma 153 della Legge di bilancio 2017 prevede espressamente che i soggetti che esercitano l’opzione di cui all’art. 24-bis, per i periodi d’imposta di validità dell’opzione ivi prevista, non sono tenuti agli obblighi di compilazione del Quadro RW del Modello Redditi.

Pertanto, non essendo prevista una deroga agli obblighi di comunicazione, restano quindi dovute le comunicazioni da parte degli intermediari in relazione a eventuali trasferimenti, nonché le comunicazioni all’Archivio dei Rapporti Finanziari.

Il medesimo co. 153 della Legge di bilancio 2017, prevede, inoltre, che le attività detenute all’estero sono esenti dall’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero (IVIE) e dall’imposta sul valore delle attività detenute all’estero (IVAFE).

Dal tenore letterale di tale disposizione, non essendo prevista alcuna disposizione esentativa relativamente all’imposta di bollo, tale imposta trova applicazione nell’ipotesi in cui ricorrano i presupposti cui all’art. 13, co. 2-ter della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642/1972.

Con riferimento alle imposte di successione e donazione, l’art. 1, co. 158, della Legge di bilancio 2017 ha previsto che per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione esercitata dal dante causa, ai sensi dell’art. 24-bis del Tuir, l’imposta sulle successioni e donazioni è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione.

Ciò, in deroga al co. 1 dell’art. 2, D.Lgs. n. 346/1990 (TUS), che stabilisce che l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero se il donante o il de cuius è residente in Italia.

Ai sensi dell’art. 2, co. 1, del TUS “L’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero”. Il successivo comma 2 dispone che “Se alla data dell’apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti”.

Al comma 3 è stabilito, inoltre, che “Agli effetti del comma 2 si considerano in ogni caso esistenti nello Stato:

– le azioni o quote di società nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale;

– le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui al punto precedente;

– i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato;

– i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato;

– i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore.

Ai fini della territorialità dei diritti oggetto del caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ritiene, dunque, prevalente il criterio speciale di cui al cit. comma 3 e, pertanto, non rileva la circostanza per cui le attività finanziarie siano oggetto di un contratto di deposito titoli e strumenti finanziari tra il neo residente e l’intermediario finanziario residente in Italia, ovvero un intermediario estero che abbia una stabile organizzazione in Italia.

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