Ai fini IRPEF, in tema di plusvalenze da cessione di terreni edificabili, la vendita dell’immobile ad un corrispettivo inferiore al valore rivalutato ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 448 del 2001, non determina la decadenza del contribuente dal beneficio dell’affrancamento del valore stimato, né la possibilità per il Fisco di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene. (Corte di Cassazione – Ordinanza 04 novembre 2021, n. 31813). La questione sottoposta all’esame della Cassazione riguarda la decadenza dell’affrancamento del valore rivalutato dei terreni edificabili e con destinazione agricola per effetto della vendita del cespite ad un prezzo di vendita inferiore al valore di stima determinato con la perizia giurata. Su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari, dichiarando l’illegittimità della pretesa tributaria.
Valorizzando la tesi della decadenza, l’Agenzia delle Entrate ha accertato la plusvalenza, assumendo come valore di acquisto del terreno quello precedente alla rivalutazione.
I giudici tributari hanno dichiarato l’illegittimità della pretesa tributaria, sul rilievo che la rivalutazione risultava eseguita regolarmente, con la redazione della perizia giurata e il versamento dell’imposta sostitutiva, e nella norma non è prevista alcuna inefficacia qualora il prezzo di vendita sia inferiore al valore della perizia.
La Corte Suprema ha affermato che in tema di plusvalenze di cui all’art. 67, co. 1, lett. a) e b), del TUIR, per i terreni edificabili e con destinazione agricola, l’indicazione, nell’atto di vendita dell’immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base della perizia giurata a norma dell’art. 7 della Legge n. 448 del 2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene.
I giudici hanno chiarito che se, da un lato, la determinazione peritale non comporta alcuna limitazione al potere di rettifica dell’Ufficio (e, quindi, alla possibilità per l’Ufficio di accertare che il valore del bene sia diverso da quello determinato dalla perizia giurata), dall’altro tale affermazione non può spiegare alcun rilievo rispetto alla diversa questione, nella quale non si discute dell’incongruità del valore indicato in perizia, ma della decadenza (o meno) dal beneficio agevolativo in caso di indicazione, nell’atto di compravendita, di un valore inferiore a quello risultante dalla perizia.
La Suprema Corte ha precisato, altresì, che secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza, il meccanismo agevolativo per il contribuente che opti per la rivalutazione agevolata dei terreni prevale anche laddove la scelta del contribuente di rideterminare il valore del bene attraverso una perizia giurata di stima e di versare l’imposta sostitutiva ex art. 7 della Legge n. 448 del 2001, sia avvenuta successivamente al rogito (Cass. n. 15924 del 2021).
Nel caso esaminato, l’Ufficio, per il solo fatto che nel contratto era stato pattuito un prezzo inferiore a quello indicato nella perizia, ha ritenuto di poter calcolare la plusvalenza nei modi ordinari, sulla base della differenza tra il corrispettivo percepito per la cessione ed il prezzo di acquisto del bene ceduto, secondo i criteri generali di cui all’art. 68 del TUIR.
Tuttavia, precisa la Corte Suprema, in tal modo l’Ufficio ha ritenuto (erroneamente) il contribuente decaduto, rispetto all’opzione prescelta, sol perché era stato indicato nell’atto un corrispettivo inferiore a quello accertato dalla perizia.
In conclusione, secondo i giudici, l’indicazione di un prezzo inferiore a quello periziato non giustifica la rettifica della plusvalenza sulla base del valore storico del bene.